L’adesione ai fondi pensione consente di accedere a una serie di interessanti benefici fiscali, alcuni dei quali fruibili fin dal primo versamento dei propri contributi, attraverso la busta paga.
In questo articolo analizzeremo tutti i vantaggi che lo Stato italiano riconosce sulla fiscalità della previdenza complementare.
Innanzitutto, vedremo come funziona la deduzione dei contributi versati nel corso dell’anno, quando si applica direttamente in busta paga oppure in dichiarazione dei redditi, e quali sono i limiti previsti.
Passeremo, poi, al trattamento fiscale riservato ai rendimenti derivanti dall’investimento dei contributi versati al fondo pensione.
Infine, scopriremo come vengono tassate sia la pensione integrativa, sia le prestazioni che è possibile richiedere prima del pensionamento.
I contributi versati annualmente nel fondo pensione possono essere dedotti fiscalmente, dunque possono essere sottratti al cosiddetto reddito imponibile, abbattendolo e, di conseguenza, riducendo le imposte da versare al Fisco.
La deduzione può essere applicata:
I contributi possono essere dedotti per un importo massimo annuo pari a 5.164,57 euro. Per il conteggio dell’importo massimo deducibile occorre:
Per quanto riguarda gli eventuali contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro, l’aderente deve comunicare al fondo i cosiddetti “contributi non dedotti” entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello del versamento, al fine di non vederli tassati al momento della prestazione. In altre parole, ciò che viene tassato in fase di contribuzione non verrà tassato al momento della prestazione e viceversa.
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I contributi versati nel fondo pensione sono investiti da quest’ultimo sui mercati finanziari, in base a politiche di investimento ben definite e studiate per tutelare gli importi accumulati dagli aderenti.
Gli investimenti a loro volta generano dei rendimenti, che rappresentano un reddito da capitale tassabile.
Nel caso dei fondi pensione, però, lo Stato applica un’aliquota fiscale di favore ai rendimenti, più conveniente di quella applicata a tutte le altre forme di impiego dei capitali.
Ai rendimenti maturati si applica infatti un’aliquota del 20%, decisamente più vantaggiosa rispetto al 26% applicato alla maggior parte delle forme di risparmio finanziario, considerando che nelle tasche degli aderenti “resta” un 6% in più.
Ricordiamo, infine, che per la quota del rendimento che deriva dagli investimenti in Titoli di Stato l’aliquota è ancora più bassa, pari a solo il 12,5%.
Nel dettaglio, come precisato nella circolare 19/2014 dell’Agenzia delle Entrate, l’aliquota del 12,50% si applica ai rendimenti di:
Per “white list” si intende un elenco di Paesi esteri che, aderendo a una serie di accordi internazionali, rendono disponibili allo Stato italiano le informazioni su tutte le forme di investimento effettuate sul loro territorio.
Infine, anche le prestazioni subiscono un prelievo fiscale particolarmente vantaggioso, ancor di più se la presenza nel fondo supera i quindici anni.
Quando l’aderente matura i requisiti per la pensione pubblica, può richiedere anche la sua pensione integrativa. A questa prestazione si applica una tassazione pari al 15%, mentre alla pensione pubblica si applicano le aliquote IRPEF, la più bassa delle quali (nel 2024) è pari al 23%.
Inoltre, l’imposta sulla pensione integrativa può ridursi dello 0,30% per ogni anno di permanenza nel fondo oltre il quindicesimo, fino a toccare un minimo del 9%.
Questa tassazione agevolata della pensione integrativa si applica gli importi derivanti dai contributi versati a decorrere dal 1° gennaio 2007.
Dal calcolo dell’imposta occorre peraltro escludere:
Infine, precisiamo che per i contributi antecedenti al 1° gennaio 2007 la tassazione applicata è quella del regime fiscale, meno favorevole dell’attuale, previsto dall’entrata in vigore del D.Lgs 252/2005 recante la “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, regime che va a esaurirsi con il trascorrere degli anni.
Vediamo, infine, il trattamento fiscale riservato alle prestazioni che possono essere riconosciute prima del pensionamento.
Anche in questo caso, per i contributi versati a partire dal 1° gennaio 2007 si applica l’aliquota del 15%, che può ridursi dello 0,30% per ciascun anno di permanenza oltre il quindicesimo, fino a una tassazione minima del 9%.
Tuttavia, se il riscatto è dovuto alla perdita dei requisiti di partecipazione al fondo per inoccupazione non inferiore ai 12 mesi, mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria, invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo e morte dell’aderente prima della maturazione del diritto alla prestazione pensionistica, la tassazione sale al 23%.
In questo caso, la tassazione applicata varia a seconda delle motivazioni per cui viene richiesta l’anticipazione.
Per spese mediche, si applica il medesimo trattamento della prestazione finale, con aliquota tra il 9 e il 15% per la parte di contributi versati a partire dal 2007, mentre per le anticipazioni per acquisto o ristrutturazione della prima casa di abitazione per sé e per i figli o per ulteriori esigenze l’aliquota è pari al 23%.
I trasferimenti per perdita dei requisiti di partecipazione o per scelta volontaria a un’altra non sono soggetti ad alcuna imposizione fiscale. Di fatto, l’aderente non percepisce alcuna prestazione in denaro ma semplicemente trasferisce i fondi accumulati.
In caso di richiesta della Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA), si applica l’aliquota compresa tra il 9 e il 15%, a seconda degli anni di permanenza nel fondo.
Questa tassazione si applica all’intero importo della prestazione richiesta e non soltanto alla quota versata sotto forma di contributi prima del 2007, come avviene per le altre prestazioni.
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In conclusione, dunque, osserviamo che il Fisco italiano riserva un trattamento particolarmente favorevole a chi investe nel proprio futuro previdenziale, proprio perché questa particolare destinazione del risparmio ha un ruolo fondamentale per il sistema previdenziale del nostro Paese.
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