Le dimissioni volontarie rappresentano una scelta su cui fare diverse valutazioni, comprese quelle relative alla previdenza complementare e alla permanenza nel fondo pensione, in particolare in un fondo pensione negoziale legato al CCNL dell’aderente come Priamo.
Le conseguenze delle dimissioni sul fronte della previdenza complementare dipendono, in particolare, da quello che accade dopo la chiusura del contratto di lavoro.
In questo articolo analizzeremo le diverse casistiche, a partire dalle dimissioni con conseguente nuova occupazione nell’ambito del medesimo CCNL.
Vedremo, poi, cosa accade se invece si cambia CCNL e le conseguenze fiscali delle scelte fatte. Risponderemo, inoltre, ai quesiti riguardanti le dimissioni con contestuale trasferimento all’estero, ma anche l’eventualità di una prolungata inoccupazione dopo aver lasciato volontariamente il posto di lavoro.
Infine, scopriremo che è sempre possibile scegliere di restare nel fondo pensione, anche in assenza di ulteriore contribuzione e per quali ipotesi questa scelta è consigliata.
Sul fronte del fondo pensione negoziale, con le dimissioni volontarie si aprono diversi scenari, a seconda delle scelte e delle opportunità lavorative del soggetto aderente.
Iniziamo dalle dimissioni con conseguente cambio di lavoro pur restando nell’ambito del medesimo CCNL.
Nello specifico, chi cambia lavoro e ha aderito conferendo il TFR al Fondo, ha tre possibilità:
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Nel caso in cui, a seguito di dimissioni volontarie, il cambio di lavoro comporti il passaggio ad altro Settore il lavoratore ha due opzioni:
Nel caso in cui si opti per il trasferimento ad altro fondo pensione, verrà riconosciuta all’aderente l’anzianità maturata alla previdenza complementare, recependo quale data d’iscrizione quella del precedente fondo pensione.
I lavoratori che hanno perso i requisiti di partecipazione al fondo devono, però, fare particolare attenzione all’imposizione fiscale applicata alla scelta del riscatto. A questa particolare prestazione, infatti, viene applicata un’aliquota del 23%, ben più elevata del 15% (che può arrivare fino al 9% in caso di prolungata permanenza nel fondo) applicato alla pensione integrativa o ad altre forme di riscatto, ad esempio quello per invalidità superiore a un terzo.
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Se, a seguito delle dimissioni volontarie, gli iscritti a un fondo negoziale come Priamo si trasferiscono all’estero, perdono anche in questo caso requisiti di partecipazione, dal momento che non lavorano più nell’ambito del CCNL a cui corrisponde la forma di previdenza complementare a cui ha aderito.
Le opzioni in questo caso sono due:
Trattandosi nuovamente di perdita dei requisiti di partecipazione, se si opta per il riscatto andrà applicata una tassazione meno vantaggiosa, con aliquota al 23%.
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Veniamo al caso in cui il lavoratore si dimetta volontariamente e in seguito non trovi un nuovo lavoro. Se si verifica questa eventualità, l’aderente al fondo pensione può richiedere:
Dunque, nel primo anno di inoccupazione non è possibile richiedere la prestazione, mentre per ottenere il totale del montante accumulato occorre attendere che passino 4 anni.
A questa forma di riscatto si applica il medesimo trattamento fiscale riservato alla pensione integrativa, dunque un’aliquota del 15%, che si riduce dello 0,30% per ciascun anno di partecipazione al fondo pensione oltre il quindicesimo, fino a giungere a una aliquota minima del 9%.
Sia che il lavoratore perda i requisiti per la partecipazione al fondo, sia che si trovi in situazione di prolungata inoccupazione, può comunque decidere di restare nel fondo pensione anche in assenza di ulteriore contribuzione.
L’aderente potrebbe optare per questa soluzione per alcune motivazioni pratiche:
Anche in assenza di ulteriore contribuzione, il montante continuerà a maturare i rendimenti ottenuti sulla base delle politiche di investimento del fondo, anno dopo anno. Questi rendimenti andranno poi sommati al montante ogni anno, accrescendo l’importo lasciato nel fondo.
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