Il cuneo fiscale è un tema fortemente dibattuto nel nostro Paese. La differenza tra costo del lavoro per i datori di lavoro e stipendio netto per il lavoratore non è uguale in tutto il mondo, e dipende dal sistema fiscale e contributivo di ogni Paese.
A partire dalla seconda metà del 2020, come vedremo, è stato apportato un taglio al cuneo fiscale per la parte che riguarda i lavoratori, sui redditi inferiori a 40.000 euro, taglio confermato anche per il 2021.
Vediamo dunque nel dettaglio: cos’è il cuneo fiscale, qual è la situazione negli altri Paesi OCSE, quali sono i provvedimenti recenti e quelli futuri su questo fronte.
Il cuneo fiscale è la differenza tra stipendio lordo pagato dalle aziende e importo netto percepito in busta paga dai lavoratori.
Questa differenza si compone di:
Il cuneo fiscale è in parte a carico del datore di lavoro e in parte del lavoratore.
Dunque, il datore di lavoro esborsa l’intero importo lordo dello stipendio mensile, suddividendolo in:
Il cuneo è più o meno ampio a seconda del sistema fiscale e contributivo applicato.
Se il cuneo si riduce, lo stipendio netto del lavoratore si avvicinerà all’importo lordo versato dal datore di lavoro.
Come detto, il cuneo dipende dai sistemi fiscali e contributivi dei diversi Paesi, dunque è possibile fare una comparazione tra il cuneo fiscale italiano, quello di altri Paesi e le medie internazionali.
Secondo il rapporto OCSE “Taxing Wages 2020” riferito ai dati 2019, il cuneo fiscale in Italia è molto elevato. Il rapporto evidenzia un valore medio del cuneo fiscale nei 36 Paesi OCSE pari al 36%.
L’Italia registra la terza percentuale più alta, considerando un lavoratore single e senza figli, con un 48%; prima di noi soltanto Belgio (52,2%) e Germania (49,4%).
Tornando al lavoratore italiano single e senza figli, il suo cuneo fiscale del 48% si compone di un:
Visti i numeri in gioco, il taglio del cuneo fiscale è un tema fortemente dibattuto in politica e dalle parti sociali (associazioni datoriali e sindacati), dal momento che può portare a tre possibili scenari:
Vediamo, ora, le novità in tema di cuneo fiscale nel nostro Paese.
La Legge di Bilancio 2020 ha stabilito a partire dal 1° luglio 2021 un taglio del cuneo fiscale per la parte che riguarda i lavoratori.
Questo ha comportato un incremento del netto in busta paga fino a 100 euro al mese.
Si tratta di un’operazione del valore di 10 miliardi annui già previsti con il cosiddetto bonus Renzi (o bonus 80 euro) più 3 miliardi di euro per il 2020 e altri 5 miliardi per il 2021.
Vediamo nel dettaglio chi ha diritto a questo bonus e in quale misura, sulla base del reddito:
Precisiamo che l’aumento per i redditi fino a 28.000 euro prende la forma di un credito IRPEF in busta paga, mentre sopra i 28.000 viene erogato sotto forma di maggiori detrazioni IRPEF.
Con il Decreto Rilancio, emanato dal Governo nel corso del 2020 per far fronte alla crisi economica derivante dalla pandemia da Covid-19, si è deciso che chi si trova sotto la soglia minima di reddito (8.174 euro), a causa del minor reddito percepito nel 2020, ottiene comunque il taglio del cuneo fiscale con un aumento di busta di 100 euro.
Questa norma era tuttavia valida per il solo 2020.
Concludiamo confermando che la Legge di Bilancio 2021 ha stabilizzato il taglio del cuneo fiscale così come illustrato (con soglie di reddito e importi), per tutto il 2021.
Nulla è stato invece deciso per il 2022, questo perché nel corso del 2021 il Governo prevede di varare una riforma fiscale complessiva in un’ottica di semplificazione della tassazione sui redditi.
Il reddito da pensione è escluso dal taglio del cuneo fiscale finora illustrato, ma insieme a esso viene esclusa una serie di redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente.
Vediamoli nel dettaglio:
Come abbiamo visto, tra il 2020 e il 2021 sono stati compiuti alcuni passi verso la riduzione del cuneo, ma il gap tra dato italiano e media OCSE è considerevole: a fronte del medesimo stipendio lordo, il netto per un lavoratore italiano è ben più basso (se si escludono belgi e tedeschi).
Tuttavia, il 2021, con il progetto di riforma fiscale all’orizzonte, potrebbe ridurre ulteriormente la forbice tra costo del lavoro per le imprese e stipendio netto percepito dai lavoratori.
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