La COVIP, la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, ha rilasciato una circolare per chiarire alcuni aspetti relativi alla RITA, acronimo di Rendita Integrativa Temporanea Anticipata.
La RITA consiste nella possibilità di anticipo pensionistico offerta ai lavoratori privati e pubblici iscritti a un fondo pensione complementare.
Si tratta di una prestazione alquanto recente, introdotto nel 2016 per offrire un sostegno a quei lavoratori che, a pochi anni dal pensionamento, perdono il lavoro, fino al raggiungimento della tanto agognata pensione.
In particolare per usufruire della Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA), gli iscritti devono possedere i seguenti requisiti:
In alternativa, la RITA è riconosciuta ai lavoratori con i seguenti requisiti:
Nella circolare succitata la COVIP ha fornito risposta ad alcuni quesiti rivolti alla stessa.
Vediamo insieme quali chiarimenti sono stati offerti.
Il primo quesito si riferisce alla “possibilità di percepire la RITA da parte degli iscritti titolari di trattamenti pensionistici anticipati (ad es. “Pensione anticipata” “Pensione anticipata Quota 100”, “Pensione anticipata Opzione donna”, “Pensione anticipata dei cc.dd. Lavoratori precoci”) o di anzianità, erogati dagli enti previdenziali di base”.
Semplificando, chi ha sollevato la questione vuole sapere se è possibile richiedere la RITA se sono già in pensione (non di vecchiaia)
In risposta a questa domanda, la COVIP ha chiarito che
“[...] la normativa non contiene un divieto di cumulo o un’espressa incompatibilità con il godimento di trattamenti pensionistici diversi dalla predetta pensione di vecchiaia, si ritiene che la RITA possa essere erogata anche qualora il beneficiario percepisca, al momento dell’istanza o nel corso di erogazione della RITA, pensioni di primo pilastro anticipate o di anzianità.”
Quindi, la COVIP conferma che si può percepire la RITA se si è in pensione anticipata.
La seconda questione posta all’attenzione della COVIP è relativa alla compatibilità tra la percezione della RITA con lo svolgimento di un lavoro qualsiasi, in Italia o all’Estero.
La Commissione ci tiene a ricordare che l’accesso alla rendita anticipata è prevista solo per quei lavoratori che “cessino l’attività lavorativa e maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i cinque anni successivi” o che “risultino inoccupati per un periodo di tempo superiore a ventiquattro mesi e che maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i dieci anni successivi”.
Di conseguenza, per percepire la RITA deve sussistere una condizione di disoccupazione o inoccupazione al momento della richiesta.
Però, precisa la COVIP, nulla vieta al lavoratore che percepisce la RITA di intraprendere un’attività lavorativa successivamente.
“È, quindi, da ritenersi possibile lo svolgimento di attività lavorativa nel corso dell’erogazione della prestazione sotto forma di RITA”.
Terzo quesito a cui la COVIP fornisce una risposta all’interno della circolare è relativo alla “possibilità di erogare la RITA in un’unica soluzione nei confronti degli aderenti prossimi al compimento dell’età anagrafica per conseguire la pensione di vecchiaia”.
La Commissione chiarisce che la normativa prevede l’erogazione periodica del montante accumulato, in rate mensili; per questo, è da considerarsi impossibile il pagamento della RITA in un’unica soluzione a quei lavoratori prossimi alla pensione.
E aggiunge:
“Si ritiene che la RITA non possa essere concessa in tutti quei casi in cui a causa dell’immediata prossimità dell’età per il conseguimento della pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza, non sia possibile attuare un frazionamento in almeno due rate”.
Il quarto quesito a cui la Commissione di Vigilanza ha ritenuto di rispondere per fornire un chiarimento è relativo alla “possibilità di eventuali versamenti contributivi nel corso di erogazione della RITA”.
Come si legge nella circolare, la normativa non fa divieto in tal senso, quindi
“sono da ritenersi consentiti versamenti contributivi che, nel caso di RITA parziale, andranno a incrementare il montante non utilizzato per l’erogazione della RITA, mentre in caso di RITA totale andranno a costituire un montante a sé stante nell’ambito del comparto opzionato per l’erogazione di tale prestazione, salvo diversa indicazione dell’iscritto”.
Un tema un po’ più spinoso, e che infatti nella circolare occupa molto spazio, è quello relativo alle modalità, per i fondi pensione, di stabilire se il soggetto richiedente la RITA sia disoccupato o inoccupato.
In effetti, mentre il disoccupato può dimostrare il proprio stato di disoccupazione tramite l’invio della Dichiarazione di immediata disponibilità (DID) o autodichiarazione, l’inoccupato dovrebbe eventualmente iscriversi alla lista dei disoccupati.
Per risolvere la questione, la COVIP ha stabilito che, ai fini dell’accesso alla RITA
“si ritiene ora indifferente che l’iscritto richiedente la RITA o il riscatto totale o parziale della posizione ex art. 14, comma 2, sia disoccupato in senso tecnico, e cioè abbia presentato la DID, ovvero inoccupato nel senso precisato nelle Circolari del Ministero del Lavoro sopra citate, purché lo stesso abbia cessato l’attività lavorativa svolta in precedenza”.
Quindi, il Fondo pensione può richiedere al disoccupato la DID o una autodichiarazione, mentre all'inoccupato una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
Sui chiarimenti forniti dalla Commissione di Vigilanza è tornata anche la MEFOP, in un articolo pubblicato su Italia Oggi lo scorso 12 ottobre 2020.
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