La flessione dei rendimenti dei fondi pensione registrata nel 2022 è strettamente collegata a quella dei mercati finanziari e alle motivazioni che hanno portato a un anno molto complesso per tutti gli investitori.
In questo articolo andremo ad analizzare quali sono i fattori che hanno reso il 2022 un anno difficile quanto peculiare, per via della combinazione tra i fattori stretti e la sua influenza sugli strumenti finanziari in circolazione.
Approfondiremo il legame tra titoli obbligazionari in circolazione, inflazione e innalzamento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, in risposta proprio alla crescita dell’inflazione.
Scopriremo in che modo, attraverso un orizzonte temporale lungo, i fondi pensione possono riassorbire le perdite generate in anni di grave crisi, come è stato il 2022, e perché la scelta di aderire resta comunque un’ottima decisione se si vuole costruire una pensione integrativa a quella pubblica.
Infine, vedremo perché decidere basandosi sul solo dato dei rendimenti di breve periodo potrebbe precludere ai risparmiatori gli interessanti benefici riconosciuti dal nostro ordinamento a chi aderisce alla previdenza complementare in generale e ai fondi pensione negoziali in particolare.
Il 2022 è stato un anno molto complesso sul fronte della finanza globale e, di conseguenza, anche su quello dei fondi pensione, con i rendimenti in netto calo.
Crisi post pandemica, con l’aumento dei costi delle materie prime e la loro scarsità, la conseguente inflazione, il conflitto in Ucraina che ha ulteriormente aggravato una crisi energetica già in atto e infine la risposta repentina delle banche centrali all’incremento dell’inflazione, attraverso l’innalzamento dei tassi di interesse; questo mix di fattori ha inciso in maniera pesante sui mercati finanziari.
Secondo le rilevazioni COVIP, la crisi attuale ha prodotto un calo dei rendimenti del 9,8% per i fondi pensione negoziali, del 10,7% per quelli aperti e dell'11,5% per i Piani Individuali Pensionistici (PIP) di ramo III, piani pensionistici con rendimenti legati al valore delle quote di uno o più fondi interni detenuti dall’impresa di assicurazione oppure al valore delle quote di OICR (Organismi d'investimento collettivo del risparmio).
A questa situazione di calo generalizzato si è poi contrapposta la consistente rivalutazione del TFR lasciato in azienda, cresciuta dell’8,3%. Non si tratta però di un dato sorprendente, dal momento che quest’ultima è legata all’inflazione che, come detto, ha toccato valori molto elevati nel 2022.
Il quadro appena descritto, tuttavia, non deve suscitare allarmismo e portare gli aderenti a un fondo pensione a scelte dettate dall’emotività. Si tratta infatti di uno scenario di breve periodo, mentre nel caso del risparmio previdenziale andrebbe fatta una riflessione che abbracci un periodo di 10/15 anni per fare scelte ponderate e razionali, senza subire le conseguenze di decisioni dettate dalla contingenza.
Per comprendere meglio gli effetti del 2022 sui rendimenti dei fondi pensione occorre considerare la relazione tra titoli obbligazionari, strumenti largamente utilizzati dalla previdenza complementare per bilanciare rischio e rendimento, e crescita dei tassi di interesse.
La relazione tra valore delle obbligazioni detenute dagli investitori e tassi di interesse è inversa: al crescere dei tassi, cala il prezzo delle obbligazioni e di conseguenza il loro rendimento in fase di scambio di questi strumenti. Ecco perché le obbligazioni che i fondi pensione hanno “in pancia” hanno generato rendimenti negativi, all’aumentare dei tassi di interesse.
Chiariamo meglio questo aspetto.
Quando crescono i tassi di interesse, devono crescere anche i rendimenti delle obbligazioni e dei Titoli di Stato di nuova emissione. Questo rende meno interessanti i titoli già in circolazione che di conseguenza si deprezzano, perdendo di valore e generando segni meno nei portafogli detenuti dai risparmiatori.
Ma, sulla base di quanto detto, occorre tenere ben presenti due importanti fattori, prima di prendere qualsiasi decisione circa l’adesione a un fondo o la richiesta di prestazioni o di cambio comparto:
È proprio il fattore tempo la caratteristica peculiare del risparmio previdenziale, un risparmio che abbraccia anche diversi decenni, se consideriamo un aderente che, ad esempio, si sia iscritto al proprio fondo negoziale fin dalla prima assunzione.
Per valutare correttamente i rendimenti del risparmio previdenziale non dobbiamo dunque soffermarci su quelli relativi a un solo anno, ma fare riferimento a orizzonti temporali più lunghi.
Per ragionare su dati concreti, basta analizzare il decennio che va da fine 2011 a fine 2021, nel quale l’andamento dei mercati finanziari è stato complessivamente favorevole, anche se caratterizzato comunque da periodi critici (come la crisi pandemica del 2020) e dalla crisi del debito sovrano (che si è manifestata nel 2011). In questo decennio, infatti, il rendimento medio annuo per i fondi negoziali è stato del +4,1%.
Se prendiamo in esame, ancora, un intervallo di vent’anni (dal 2001 a fine 2021), che abbraccia la fase di avvio dell’operatività delle forme di previdenza complementare italiana e numerosi periodi di turbolenza dei mercati finanziari, come la crisi da mutui subprime (nel periodo 2007-2008), il rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali rimane comunque positivo e pari al +3,2%.
Dunque, il tempo resta uno strumento potentissimo a tutela del risparmio previdenziale e dei lavoratori aderenti.
Leggi anche il nostro approfondimento Come i fondi pensione resistono alle crisi finanziarie?
Infine, ogni volta che il risparmiatore prende una qualsiasi decisione riguardante il proprio futuro previdenziale, dall’adesione al fondo pensione alla scelta del comparto, passando per una richiesta di anticipazione, è importante che ragioni sempre su tutti i vantaggi riconosciuti a chi si affida alla previdenza complementare e non soltanto sui rendimenti.
Di seguito, ricordiamo sinteticamente alcuni dei principali benefici per chi aderisce in particolare ai fondi pensione negoziali come Priamo:
Dunque tempo e benefici fiscali, finanziari ed economici, sono fattori da non sottovalutare e da valutare con attenzione per compiere scelte sagge sul proprio futuro pensionistico.
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