Il contratto di espansione è uno strumento ideato per consentire alle imprese italiane di grandi dimensioni - ma anche per le piccole e medie, limitatamente al 2021 - di accelerare il ricambio generazionale delle risorse umane, nonché un aggiornamento delle competenze sia attraverso l’acquisizione di nuove risorse, sia con dei piani di formazione per i lavoratori già in organico.
Per i lavoratori prossimi al pensionamento, si tratta di un’opportunità per anticipare l’uscita dal mercato del lavoro ottenendo un’indennità commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato.
Per le aziende, invece, si tratta di un beneficio che comporta degli oneri, oltre che una progettualità dettagliata, stime finanziarie e una fideiussione al momento della domanda da inoltrare all’INPS.
Il contratto di espansione è uno strumento volto a sostenere il ricambio generazionale nelle grandi aziende, con più di 1000 dipendenti - ma vedremo che per il 2021 la platea è stata ampliata a quelle con più di 100 addetti - che affrontano processi di reindustrializzazione e riorganizzazione.
Il contratto di espansione è stato introdotto con il Decreto Crescita 2019, in via sperimentale, e può essere utilizzato anche nel 2021.
Inizialmente era previsto per le grandi aziende con almeno 1.000 dipendenti, ma gli avvenimenti del 2020 e 2021 hanno indotto il Governo ad abbassare il limite minimo di addetti a 100 addetti.
Il contratto di espansione è volto al sostegno dell’innovazione tecnologica attraverso una serie di misure:
Il contratto per essere operativo deve essere legato a un Piano di riconversione dell’azienda che indichi:
Per questi ultimi, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, viene riconosciuta per tutto il periodo, e fino al raggiungimento del diritto alla pensione, un'indennità mensile commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dai singoli al momento della cessazione del rapporto di lavoro.
L’indennità per i lavoratori esodati è a carico del datore di lavoro, al netto delle indennità di disoccupazione.
In sostanza, se il lavoratore ha diritto alla disoccupazione (NASpI), quest’ultima sarà a carico dell’INPS, mentre il datore di lavoro verserà l’eventuale differenza sull’importo mensile.
C’è poi il caso in cui il lavoratore matura, in base ai requisiti posseduti, come primo diritto pensionistico quello alla pensione anticipata; ci riferiamo a chi riesce a maturare i requisiti per la pensione anticipata prima di arrivare all’età prevista per la pensione di vecchiaia.
Per chi rientra in questa casistica, nel periodo tra l’uscita dal mercato del lavoro e quello della pensione, il datore di lavoro deve versare anche i contributi del lavoratore fino alla maturazione della pensione stessa.
Per i datori di lavoro con più di 1.000 unità lavorative c’è la previsione di un’ulteriore riduzione dei versamenti, a patto che si impegnino a effettuare assunzioni a tempo indeterminato o in apprendistato in proporzione 1 a 3 rispetto agli esodati.
In questo caso, infatti, verranno scontati dalle indennità altri 12 mesi di NASpI per un importo calcolato sulla base dell’ultima mensilità di spettanza teorica della prestazione.
Tutti i chiarimenti circa l’applicazione del contratto di espansione sono contenuti nella circolare INPS n. 48 del 24 marzo 2021.
Le aziende, per ottenere i benefici previsti dal contratto di espansione, devono seguire un iter ben preciso che prevede i seguenti passaggi:
Dunque, le aziende devono presentare l’intero piano, corredato della quantificazione delle risorse necessarie per la realizzazione del programma di riconversione.
Soltanto alla fine dell’iter, e passate positivamente tutte le verifiche, il contratto può essere stipulato.
Per poi dare attuazione al contratto, il datore di lavoro deve presentare la domanda all'INPS, unitamente a una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità.
Toccherà all’INPS fare, sulla base delle stime presentate dal datore di lavoro, il calcolo della somma dovuta ai singoli lavoratori e a liquidarla mensilmente, per l’intero periodo di spettanza teorica della NASpI al lavoratore.
Il Decreto Sostegni Bis, entrato in vigore il 25 maggio 2021 e contenente misure di sostegno a lavoratori e imprese per far fronte alla crisi economica causata dalla pandemia da Covid-19, per il 2021 allarga la platea alle aziende con più di 100 dipendenti (inizialmente riguardava le sole aziende con 1.000 dipendenti).
In realtà, già la Legge di Bilancio 2021 era intervenuta sulla questione, portando la soglia a:
Dunque il Governo, alla luce della necessità di favorire il ricambio generazionale e l’acquisizione di nuove skill nelle aziende, anche per far fronte ai progetti di transizione ecologica e digitale previsti dal Recovery Fund europeo, con il Decreto Sostegni Bis ha deciso di garantire il diritto all’accesso a questo strumento anche alle aziende più piccole.
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