Lo scorso 9 novembre è stata depositata la sentenza della Corte Costituzionale n. 234 del 9 novembre 2020, pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 11 novembre, con la quale è stato dichiarato legittimo costituzionalmente il raffreddamento della rivalutazione automatica delle pensioni di elevato importo.
La Corte ha ritenuto legittimo, inoltre, imporre a carico delle succitate pensioni un prelievo di solidarietà, a condizione che questo osservi i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità, anche in ordine alla durata della misura.
Per comprendere in modo corretto l’intervento della Corte Costituzionale è necessario fare un attimo il punto della situazione e vedere su quali norme si è legiferato.
La sentenza della Corte Costituzionale n.234 ha impugnato le norme contenute nell’Art. 1, c. 260°, 261°, 262°, 263°, 264°, 265°, 266°, 267°, e 268°, della legge 30/12/2018, n. 145.
Il comma 260 stabilisce le modalità della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici per il periodo 2019-2021, riconosciuta nella misura del 100% soltanto per i “trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a tre volte il trattamento minimo INPS”.
Per i “trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS, e con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi”, si è stabilito invece il seguente meccanismo:
In merito a quanto riportato nel comma 260, la Corte ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale, in quanto non viola i principi di ragionevolezza e proporzionalità, poiché comunque garantisce un recupero dell’inflazione anche alle pensioni di maggiore consistenza.
Il prelievo, inoltre, è giustificato dalla necessità di finanziare un’altra misura previdenziale, Quota 100.
La Corte Costituzionale, nella sentenza 234, ha però dichiarato
“l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 261, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), nella parte in cui stabilisce la riduzione dei trattamenti pensionistici ivi indicati «per la durata di cinque anni», anziché «per la durata di tre anni»”
La durata dei cinque anni è eccessiva rispetto alla proiezione triennale del bilancio di previsione dello Stato, relativo invece a 3 anni.
Il comma 261, infatti, recita così:
“A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e per la durata di cinque anni, i trattamenti pensionistici diretti a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative dell'assicurazione generale obbligatoria e della Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, i cui importi complessivamente considerati superino 100.000 euro lordi su base annua, sono ridotti di un'aliquota di riduzione pari al 15 per cento per la parte eccedente il predetto importo fino a 130.000 euro, pari al 25 per cento per la parte eccedente 130.000 euro fino a 200.000 euro, pari al 30 per cento per la parte eccedente 200.000 euro fino a 350.000 euro, pari al 35 per cento per la parte eccedente 350.000 euro fino a 500.000 euro e pari al 40 per cento per la parte eccedente 500.000 euro.”
L’intervento della durata di 5 anni è stato, quindi, dichiarato illegittimo.
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