In Italia il sistema pensionistico pubblico si basa su un patto tra generazioni, per cui i pensionati percepiscono il proprio assegno grazie ai contributi versati dai lavoratori attivi. Un sistema che, in un contesto di “inverno demografico” e rallentamento della crescita economica come quello che stiamo attraversando, richiede una serie di contromisure sistemiche e personali per sostenersi.
In questo articolo vedremo come funziona il criterio di ripartizione su cui si basa il sistema pensionistico italiano, per poi approfondire il passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo per il calcolo degli assegni pensionistici.
Passeremo, in seguito, ad analizzare il ruolo, sempre più importante in questo contesto, della previdenza complementare, l’altro grande pilastro del nostro sistema. In particolare, vedremo il funzionamento del meccanismo di capitalizzazione individuale, messo a confronto con quello della ripartizione.
Infine, faremo una carrellata dei vantaggi derivanti dall’adesione a una particolare forma di previdenza complementare: il fondo pensione negoziale.
Il sistema pensionistico pubblico italiano si fonda sul criterio della ripartizione, un metodo che definisce il funzionamento dei flussi finanziari legati alla previdenza come segue:
Per farla semplicissima: i figli pagano le pensioni ai genitori. Dunque, in buona sostanza non è previsto un accumulo di capitali per le pensioni future e i flussi in entrata e quelli in uscita devono essere quantomeno in equilibrio.
Dagli anni ‘90 del secolo scorso, però, il sistema previdenziale pubblico così costituito ha dovuto affrontare una serie di nuove sfide, pressoché assenti nel periodo di forte crescita (economica e demografica) vissuto dal secondo dopoguerra agli anni ‘80. Ci riferiamo al calo demografico, alle crisi economiche e alla precarizzazione del lavoro (e, di conseguenza, di una certa discontinuità nel versamento dei contributi previdenziali).
Le risposte messe in atto di fronte a queste sfide possono essere sintetizzate in quattro macro-temi:
La COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) ha tracciato il percorso storico della previdenza nel documento L’evoluzione del sistema pensionistico in Italia, che consigliamo di leggere per approfondire l’argomento.
Tra le diverse riforme che si sono susseguite negli ultimi trent’anni, è utile approfondire la cosiddetta Riforma Dini, la Legge 335/1995, che ha sancito un passaggio “epocale” per gli iscritti alla previdenza obbligatoria, ovvero quello dal regime retributivo a quello contributivo.
La differenza tra i metodi di calcolo dell’assegno pensionistico è sostanziale:
La data che ha segnato questo importante passaggio è quella del 31 dicembre 1995, che divide chi percepisce una pensione totalmente contributiva e quelli con pensione retributiva al 100%.
Tuttavia, ci sono dei lavoratori che hanno iniziato a versare i propri contributi prima di quella data, per i quali si è resa necessaria una transizione, gestita attraverso il cosiddetto sistema misto:
Dunque, chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 deve tenere ben a mente queste date per conoscere il funzionamento del metodo di calcolo della propria pensione.
Sul tema invitiamo a leggere anche il nostro approfondimento Qual è la differenza tra pensione contributiva e retributiva.
Abbiamo parlato del criterio di ripartizione e delle riforme utili a gestire le criticità del sistema pensionistico pubblico. Tra queste abbiamo citato la promozione della previdenza complementare - in passato destinata soltanto ad alcune categorie di lavoratori - a vero e proprio pilastro del sistema previdenziale del nostro Paese.
La prima, fondamentale, caratteristica che rende la previdenza complementare resiliente rispetto alle criticità affrontate dal sistema pubblico è la capitalizzazione individuale.
Si tratta del criterio applicato per formare la base per il pagamento delle prestazioni pensionistiche al singolo aderente. In sostanza, sulla posizione individuale di ciascun iscritto a una forma di previdenza complementare si accumula un importo, definito “montante”, che è rappresentato dalla somma dei contributi versati dall’iscritto e dei rendimenti ottenuti dall’investimento del montante stesso, al netto di imposte e commissioni.
Dunque, l’importo della pensione integrativa deriva dai risparmi (più i rendimenti) versati dal medesimo aderente, e non dai contributi di chi lavora, come avviene con la ripartizione del sistema pubblico.
Inoltre, la capitalizzazione individuale, mediante l’applicazione dell’interesse composto, consente l’accumulo dei rendimenti e la loro partecipazione agli investimenti nei periodi successivi.
Per approfondire questo tema, può essere utile leggere anche il nostro articolo Fondo Priamo e la capitalizzazione individuale: l'importanza del tempo.
La costruzione di una pensione integrativa, e il criterio di capitalizzazione individuale, sono soltanto due dei numerosi vantaggi riconosciuti a chi sceglie la previdenza complementare per integrare l’importo dell’assegno pensionistico pubblico.
Ve ne sono poi altri, alcuni dei quali specificamente riservati a chi sceglie di aderire ai fondi pensione negoziali, come Priamo, ovvero quegli Enti riservati ai lavoratori assunti con quei CCNL che, appunto, prevedono la possibilità per il lavoratore di iscriversi a questa particolare forma di previdenza complementare.
Nello specifico, Priamo è il fondo pensione negoziale per i lavoratori addetti ai servizi di trasporto pubblico e per i lavoratori dei servizi affini.
Gli aderenti al Fondo Priamo possono fruire dei seguenti vantaggi:
In sintesi, ciascun lavoratore, e a maggior ragione i dipendenti che hanno la possibilità di aderire al fondo negoziale di settore, dovrebbe tenere ben presente sia il contesto in cui evolve il sistema pensionistico pubblico sia i numerosi vantaggi riconosciuti dalla previdenza complementare per evitare “brutte sorprese” al momento del pensionamento e cercare di preservare il proprio tenore di vita dopo l’uscita dal mondo del lavoro.
Invitiamo a leggere anche il nostro approfondimento Perché i giovani dovrebbero aderire a un fondo pensione.
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