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Quanto incide l’aspettativa di vita sulla pensione integrativa?

L’aspettativa di vita, nota anche come speranza di vita, è un elemento chiave nella pianificazione finanziaria per il futuro.

In questo articolo esploreremo il rapporto tra previdenza – sia pubblica che complementare – e aspettativa di vita, per comprenderne le reciproche influenze. Successivamente, analizzeremo i dati statistici relativi all’aspettativa di vita e valuteremo l’impatto del suo progressivo aumento sulla pensione integrativa.

Vedremo poi come il calcolo dell’importo della pensione integrativa erogata sotto forma di rendita sia influenzato proprio dalla durata della vita media. Infine, approfondiremo le diverse tipologie di rendita disponibili per gli aderenti a Fondo Priamo, evidenziando in che modo l’allungamento della speranza di vita incide su ciascuna di esse.

Pensione integrativa e aspettativa di vita: qual è il legame?

La previdenza complementare ha l’obiettivo di integrare la previdenza pubblica obbligatoria, al fine di offrire all’aderente un supporto che lo aiuti a preservare il proprio tenore di vita dopo il pensionamento.

A differenza del sistema previdenziale pubblico, che si basa sul sistema a ripartizione - nel quale i contributi dei lavoratori attivi finanziano le pensioni in corso -, la previdenza complementare si basa su un sistema a capitalizzazione. In questo caso, i contributi versati dal lavoratore vengono investiti nei mercati finanziari per accumulare un capitale, che al momento del pensionamento verrà convertito in rendita.

Mentre nel primo caso, dunque, i lavoratori attivi “pagano” con i propri contributi le pensioni a chi è uscito dal mondo del lavoro, nel secondo caso il lavoratore costruisce un proprio “tesoretto” che gli sarà erogato, sotto forma di pensione integrativa, al momento del pensionamento.

Ed è proprio qui che entra in gioco l’aspettativa di vita: nel calcolare l’importo della rendita pensionistica, i fondi pensione devono stimare per quanto tempo dovranno erogarla.

Più alta è l’aspettativa di vita, più lungo sarà il periodo di pagamento previsto e, di conseguenza, minore sarà l’importo della rata mensile a parità di capitale accumulato. È un principio semplice: se lo stesso capitale deve essere distribuito su un arco di tempo maggiore, la quota mensile sarà inevitabilmente più bassa.

Aspettativa di vita: cos'è e come si calcola?

L’aspettativa di vita non è una previsione della durata della vita individuale, poiché nessuno può sapere con certezza quanto vivrà. Si tratta invece di una media statistica calcolata su intere popolazioni. Questo dato è fondamentale non solo per gli studi demografici e le politiche sanitarie, ma anche per il sistema pensionistico, sia pubblico che complementare.

Il calcolo dell’aspettativa di vita è un processo complesso, effettuato dagli istituti statistici nazionali come l’ISTAT. Alla base di questa stima ci sono le tavole di mortalità, che registrano la probabilità di morte per ogni età in un determinato periodo. Questi dati permettono di calcolare quanti anni, in media, può aspettarsi di vivere una persona che ha raggiunto una certa età.

È importante distinguere tra aspettativa di vita alla nascita e aspettativa di vita a 65 anni, età tipica del pensionamento. Ad esempio, secondo gli ultimi dati ISTAT, un bambino nato in Italia nel 2023 aveva un’aspettativa di vita alla nascita di circa 83 anni. In confronto, una persona di 65 anni poteva aspettarsi di vivere in media altri 21 anni, arrivando quindi a 86 anni.

Questo apparente paradosso si spiega con il fatto che chi raggiunge i 65 anni ha già superato i rischi di mortalità delle età precedenti.

Sono diversi i fattori influenzano l’aspettativa di vita, tra cui:

  • sesso: le donne tendono a vivere più a lungo degli uomini, anche se il divario si sta riducendo;
  • zona geografica: si registrano differenze significative tra Nord e Sud Italia, così come tra le diverse regioni europee;
  • status socio-economico: reddito, istruzione e professione incidono sulla longevità;
  • stile di vita: alimentazione, attività fisica, consumo di alcol e tabacco giocano un ruolo determinante;
  • accesso alle cure sanitarie: la disponibilità e la qualità dell’assistenza medica influenzano direttamente l’aspettativa di vita.

Negli ultimi decenni, l’aspettativa di vita in Italia è aumentata costantemente: basti pensare che nel 1974 era di poco più di 72 anni, ben 11 anni in meno rispetto al 2023. L’unica interruzione di questa crescita si è verificata durante la pandemia di COVID-19, che ha causato una temporanea flessione nel 2020-2021. Tuttavia, gli esperti prevedono che il trend positivo riprenderà nei prossimi anni.

In Italia, l’ISTAT aggiorna regolarmente questi dati, che hanno un impatto diretto sul sistema pensionistico. Nel settore pubblico, l’aumento dell’aspettativa di vita comporta un graduale innalzamento dell’età pensionabile e una revisione dei coefficienti di trasformazione utilizzati per calcolare la pensione nel sistema contributivo. Nella previdenza complementare, invece, esso influisce sui coefficienti adottati per convertire il capitale accumulato in rendita vitalizia.

L'impatto dell'aspettativa di vita sulla rendita pensionistica

Come anticipato, l’aspettativa di vita ha un impatto diretto e significativo sulla previdenza complementare, in quanto influenza l’importo mensile ricevuto durante il pensionamento in caso di richiesta della prestazione pensionistica in rendita.

In sintesi, essa prevede che il montante accumulato dall’aderente venga frazionato ed erogato mensilmente. Il suo importo dipende essenzialmente da tre elementi:

  • il montante accumulato;
  • il rendimento atteso dagli investimenti futuri;
  • l’aspettativa di vita al momento della conversione.

Il meccanismo di calcolo della rendita è piuttosto intuitivo: se due persone hanno accumulato lo stesso capitale, ma una ha un’aspettativa di vita più lunga, quest’ultima riceverà un importo mensile inferiore. Questo perché il montante deve essere distribuito su un periodo più lungo. È come dividere una torta: più sono i commensali, più piccole saranno le fette. Nel caso della rendita pensionistica, i "commensali" sono gli anni di vita stimati dopo il pensionamento.

Dal punto di vista tecnico, i fondi pensione utilizzano i cosiddetti "coefficienti di conversione" per trasformare il montante accumulato in rendita. Questi coefficienti sono calcolati sulla base delle tavole demografiche, che indicano statisticamente la probabilità di sopravvivenza a ogni età.

Aspettativa di vita in aumento: cosa cambia per la pensione integrativa?

L’aumento costante dell’aspettativa di vita rappresenta una delle sfide più complesse per i sistemi pensionistici di tutto il mondo, e l’Italia non fa eccezione. Secondo le proiezioni dell’ISTAT, entro il 2050 l’aspettativa di vita alla nascita potrebbe superare gli 87 anni per le donne e gli 84 per gli uomini. Questo fenomeno, unito al calo della natalità, sta trasformando profondamente la struttura demografica del Paese, con un rapporto sempre più sbilanciato tra lavoratori attivi e pensionati. In questo scenario, la pensione integrativa diventa sempre più centrale, ma deve anche affrontare nuove sfide legate proprio all’allungamento della vita media.

Il primo impatto diretto dell’aumento dell’aspettativa di vita sulla pensione integrativa è la riduzione progressiva dei coefficienti di conversione del capitale in rendita. Come visto in precedenza, questi coefficienti si basano sulle probabilità di sopravvivenza: più si allunga la vita media, più i coefficienti diminuiscono, e di conseguenza, a parità di capitale accumulato, l’importo della rendita mensile si riduce. Questo trend è già in atto e continuerà nei prossimi decenni, rendendo sempre più cruciale accumulare un capitale adeguato nel corso della vita lavorativa.

Un altro aspetto rilevante riguarda la durata stessa del periodo di pensionamento. Poiché viviamo più a lungo, questo periodo si estende, aumentando il rischio di esaurire le risorse accumulate: è il cosiddetto "rischio di longevità".

Infine, l’età in cui si inizia a contribuire alla pensione integrativa gioca un ruolo chiave. Con un’aspettativa di vita sempre maggiore, diventa essenziale iniziare il prima possibile a costruire il proprio "secondo pilastro" previdenziale. I giovani lavoratori di oggi, destinati a vivere più a lungo rispetto alle generazioni precedenti, avranno bisogno di un capitale più elevato per garantire un tenore di vita adeguato nella vecchiaia. Inoltre, partire in anticipo consente di sfruttare al massimo il meccanismo dell’interesse composto, grazie al quale i rendimenti generano a loro volta ulteriori rendimenti nel tempo.

Tipologie di rendita e aspettativa di vita: quale scegliere?

Abbiamo visto che, quando si opta per la prestazione pensionistica sotto forma di rendita, il montante accumulato nel fondo pensione viene convertito in un’erogazione periodica.

L’aderente si trova quindi di fronte a diverse opzioni, ciascuna con caratteristiche specifiche e un diverso impatto in relazione all’aspettativa di vita. Comprendere queste alternative è essenziale per fare una scelta consapevole, in linea con le proprie esigenze personali e familiari.

Di seguito, analizziamo le tipologie di rendita offerte da Fondo Priamo ai propri aderenti.

Rendita vitalizia immediata rivalutabile

La rendita vitalizia semplice è la forma più semplice di rendita pensionistica.

Essa prevede un’integrazione pensionistica per tutta la vita dell’aderente, indipendentemente dalla durata della sua esistenza. L’importo della rendita, però, dipende dall’aspettativa di vita: più è elevata, più basso sarà l’assegno mensile a parità di capitale accumulato.

Il principale vantaggio di questa opzione è la certezza di ricevere un reddito per tutta la vita. Tuttavia, alla morte dell’aderente, la rendita si estingue e non viene trasmessa agli eredi.

Per questo, tale soluzione è particolarmente adatta a chi non ha eredi o ha già provveduto diversamente alla loro tutela economica.

Rendita vitalizia immediata rivalutabile reversibile in misura pari al 60%, 70%, 80% o 100%

Questa opzione prevede che, alla morte dell’aderente, la rendita continui a essere erogata, in tutto o in parte, a un beneficiario designato, solitamente il coniuge o un familiare.

Il calcolo della rendita tiene conto non solo dell’aspettativa di vita dell’aderente, ma anche di quella del soggetto designato. Per questo motivo, l’importo iniziale sarà inferiore rispetto alla rendita vitalizia semplice, soprattutto se il designato è molto più giovane dell’aderente.

Questa soluzione è particolarmente indicata per chi desidera offrire un sostegno economico al coniuge o a un familiare a carico anche dopo la propria scomparsa.

La rendita certa per 5 o 10 anni e poi vitalizia

Questa opzione prevede il pagamento della rendita per un periodo minimo prestabilito, indipendentemente dalla sopravvivenza dell’aderente.

Se l’aderente dovesse venire a mancare prima della fine di questo periodo, la rendita continuerà a essere erogata ai soggetti designati fino al termine stabilito. Se, invece, l’aderente è ancora in vita allo scadere del periodo garantito, la rendita proseguirà fino al suo decesso; in caso contrario, si estinguerà.

Rispetto alla rendita vitalizia semplice, l’importo mensile iniziale è inferiore, ma questa soluzione offre una maggiore tutela per gli eredi in caso di morte prematura dell’aderente.

Rendita vitalizia immediata annua rivalutabile con controassicurazione decrescente in caso di decesso dell’assicurato

La rendita con contro-assicurazione prevede che, in caso di morte dell'aderente, venga restituito ai soggetti designati il capitale residuo, ovvero la differenza tra il capitale convertito in rendita e la somma delle rate già percepite.

Man mano che l'aderente riceve la rendita, il capitale residuo diminuisce, fino ad azzerarsi quando l'importo totale delle rate erogate raggiunge il capitale iniziale.

Questa opzione garantisce che il capitale versato non venga "perso" in caso di morte prematura, ma comporta una rendita mensile inferiore rispetto alle altre soluzioni.

Rendita vitalizia immediata annua rivalutabile con raddoppio in caso di perdita di autosufficienza (copertura Long Term Care)

La rendita con maggiorazione in caso di non autosufficienza (LTC, Long Term Care) prevede il raddoppio dell'importo della rendita qualora l'aderente diventi non autosufficiente. Questa maggiorazione è pensata per coprire le spese aggiuntive legate all'assistenza.

L'impatto dell'aspettativa di vita su questa forma di rendita è complesso, poiché oltre alla durata della vita, bisogna considerare anche la probabilità di diventare non autosufficienti. Tale probabilità aumenta con l'età, ma può variare notevolmente da persona a persona.

Conclusione

In conclusione, l’aspettativa di vita è un elemento cruciale nella pianificazione pensionistica.

Pensare attentamente a come costruire una pensione integrativa sin da giovani, ad esempio aderendo a un fondo pensione come Priamo, consente di beneficiare non solo dell’effetto dell’interesse composto e di massimizzare i vantaggi fiscali riservati a questa forma di previdenza complementare, ma anche di godere di un periodo più lungo per accumulare capitale e per fare scelte di investimento più consapevoli, mitigando così l’impatto dell’allungamento dell’aspettativa di vita sulla rendita futura.

Al contrario, chi inizia tardi la pianificazione previdenziale - o, peggio ancora, chi non si muove in alcun modo - rischia di trovarsi con un capitale insufficiente rispetto al periodo sempre più lungo che, statisticamente, vivrà dopo il pensionamento.

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