L’età media del primo impiego in Italia è un dato in crescita da anni, ma quali sono le ragioni che stanno alla base di questa tendenza? Quali sono le conseguenze sull’età media dei lavoratori in generale? Cosa comporta tutto ciò dal punto di vista previdenziale?
In questo articolo risponderemo a una serie di domande sul lavoro giovanile e sulle possibili contromisure da prendere, soprattutto in ottica pensionistica.
Innanzitutto, analizzeremo il trend di crescita dell’età media del primo impiego nel nostro Paese, osservando i dati statistici prodotti nel tempo sul tema.
Vedremo, poi, qual è la situazione generale del mercato del lavoro italiano, con una particolare attenzione circa l’innalzamento dell’età media degli occupati e dunque, a cascata, l’invecchiamento della popolazione e le relative conseguenze dal punto di vista previdenziale.
Infine, scopriremo in che modo progettare un futuro previdenziale sereno iniziando a pensarci fin dal primo impiego o ancor prima, grazie alle scelte lungimiranti che i genitori possono fare per i propri figli.
L’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, e di conseguenza il conseguimento di un’autonomia economica, si allontana nel tempo con il passare degli anni.
Per analizzare questa tendenza, vediamo i dati ISTAT inseriti nel report “Finalmente un lavoro. Analisi statistica su tasso di occupazione, reddito e capacità di risparmio dei giovani”, che mostra l’innalzamento dell’età media del primo impiego nel decennio 2007-2017.
Se nel 2007 mediamente si iniziava a lavorare a 20,2 anni, nel 2017 questo dato ha toccato quota 20,8. Si notano poi importanti differenze a livello territoriale, dai 18,7 anni del Trentino-Alto Adige ai 22,2 della Campania, con un dato generalmente più elevato nelle regioni del Sud Italia.
Se ci spostiamo più avanti negli anni, arrivando al periodo post-pandemia, il dato medio sull’età del primo impiego sale a 24 anni per gli uomini e a 26,2 per le donne, come emerge da un'indagine OCSE del 2021.
Cosa succede, invece, negli altri Paesi? Ad esempio, il primo lavoro arriva molto presto per gli inglesi (a 19,7 anni per gli uomini e 21,2 per le donne); per i francesi l’ingresso in azienda avviene a 21,6 anni, mentre per le francesi a 23,4, mentre i greci iniziano a 22,6 anni e le greche a 24.
Le ragioni del trend in crescita in Italia, ma anche delle differenze con gli altri Paesi, sono da ricercare in diversi fattori che, tutti insieme, contribuiscono ad allontanare il momento dell’ingresso nel mondo del lavoro.
In particolare, si rilevano:
Dunque, l’occupazione giovanile è strettamente legata all’andamento del mercato del lavoro in generale e ne subisce le crisi in maniera consistente.
Secondo i dati di Cassa Depositi e Prestiti, elaborati sulle rilevazioni ISTAT, l’età media della popolazione italiana in età lavorativa è in costante aumento: nel 2021 era di 42,4 anni a fronte dei 41,2 del 2011 e dei 39,9 del 2001.
Numeri che confermano la tendenza rilevata sul lavoro giovanile.
Dunque, i lavoratori italiani invecchiano, esattamente come la popolazione tutta del Paese. Questo dato, se affiancato al saldo negativo tra nascite e decessi (muoiono più persone di quante ne nascono in un anno), mette in crisi anche il sistema previdenziale pubblico, che si basa su un patto fra generazioni. Infatti, le pensioni pubbliche vengono pagate utilizzando i contributi dei lavoratori, dunque figlie e figli pagano direttamente le pensioni di madri e padri. Ma con la tendenza in atto, sostenere i molti pensionati diventa sempre più difficile, visto che i lavoratori iniziano sempre più tardi e che mediamente sono sempre più grandi di età.
Una situazione che desta preoccupazioni e che richiede una serie di soluzioni strutturali sul sistema previdenziale pubblico.
Leggi anche il nostro approfondimento In Italia pensione a 71 anni: la previsione OCSE
I lavoratori italiani, tuttavia, hanno la possibilità di affrontare questo futuro incerto con una maggiore serenità grazie alla previdenza complementare, e in particolare ai fondi pensione negoziali come Priamo. Questi strumenti, infatti, consentono di costruire una pensione integrativa rispetto a quella pubblica, tutelando il proprio tenore di vita nel delicato passaggio tra la vita lavorativa e il pensionamento.
I fondi pensione negoziali, in particolare, consentono di ottimizzare il risparmio previdenziale e di renderlo finanziariamente sostenibile, soprattutto per le persone più giovani, che possono beneficiare di tutti i vantaggi di un orizzonte temporale lungo.
Aderire al fondo pensione fin dal primo impiego, infatti, consente di versare una percentuale contenuta dei propri risparmi per più tempo, aiutando così a raggiungere i propri obiettivi di risparmio in un modo economicamente più sostenibile. Inoltre, permette di scegliere linee di investimento più rischiose e redditizie in giovane età, contando sul fattore tempo per mitigare le eventuali fasi di crisi dei mercati finanziari, e passando poi a comparti meno rischiosi con l’avvicinarsi del pensionamento.
Per approfondire i vantaggi dell’iscrizione in giovane età, leggi anche il nostro articolo Perché i giovani dovrebbero aderire a un fondo pensione.
Cosa fare, quindi, se il momento del primo impiego si allontana? In questo caso i genitori possono giocare un ruolo fondamentale per i propri figli, dal momento che i fondi pensione offrono la possibilità di iscrivere anche i familiari a carico e, dunque, di avviare il progetto di risparmio previdenziale fin dall’infanzia.
Per approfondire questa importante opportunità leggi anche il nostro articolo Perché investire in un Fondo pensione per i figli.
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